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ACCORDI PREMATRIMONIALI: VALIDI SECONDO LA CORTE DI CASSAZIONE, MA ENTRO CERTI LIMITI.

2025-09-19 12:38

Avv. Vincenzo de Crescenzo

ACCORDI PREMATRIMONIALI: VALIDI SECONDO LA CORTE DI CASSAZIONE, MA ENTRO CERTI LIMITI.

Con l’ordinanza n. 20415 del 21 luglio 2025, la Cassazione apre nuovamente agli accordi prematrimoniali,

Con l’ordinanza n. 20415 del 21 luglio 2025, la Cassazione apre nuovamente agli accordi prematrimoniali, giudicando valida una scrittura privata stipulata tra marito e moglie, per regolamentare i loro rapporti patrimoniali in caso di separazione.

 

Gli accordi o patti prematrimoniali sono veri e propri contratti, molto diffusi in diverse parti d’Europa e soprattutto negli Stati Uniti d’America, stipulati per iscritto tra i coniugi, prima o anche durante il matrimonio, per disciplinare in anticipo i loro rapporti personali e patrimoniali, in caso di separazione o divorzio, evitando lunghe e costose cause in tribunale.

 

Si stabiliscono, così, diritti e doveri, economici e non, tra i coniugi, per evitare future liti a causa della fine del matrimonio, defininendo in modo chiaro come gestire il patrimonio, spese ed altri aspetti delicati. È possibile, ad esempio, specificare quali beni appartenevano ai singoli coniugi prima del matrimonio e il loro attuale regime patrimoniale, oppure stabilire, in caso di separazione o divorzio, la divisione dei beni in comunione, il mantenimento o persino l’affidamento dei figli, a chi verrà assegnata la casa coniugale, l’ammontare dell’assegno di mantenimento o divorzile e così via.

 

Tuvtavia, a differenza di quanto accade nei paesi anglosassoni e in molti altri stati europei, dove i contratti prematrimoniali sono ampiamente riconosciuti e possono regolare in modo molto dettagliato ogni aspetto della vita matrimoniale, nel nostro ordinamento tali accordi non sono previsti e sono per lo più vietati dalla giurisprudenza, che li ritiene nulli per illiceità della causa, in quanto contrari all’ordine pubblico e a norme imperative, come l’art. 143 c.c., (che stabilisce diritti e doveri reciproci dei coniugi) e l’art. 160 c.c. (che impedisce agli sposi di derogare ai diritti e ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio ).

 

Come qualsiasi altro patto che prevede come condizione la fine del matrimonio, si teme, di fatto, che possano minare l’unione dei coniugi e favorire il divorzio, commerciando su diritti considerati indisponibili, pertanto non negoziabili privatamente.

 

In Italia, infatti, il matrimonio è considerato un’istituzione di rilevanza pubblica e non un semplice rapporto contrattuale, la cui disciplina non può essere completamente riservata alla volontà privata delle parti.

 

I diritti e i doveri derivanti dal matrimonio, così come stabiliti dal nostro codice civile (tra cui, l’obbligo alla reciproca assistenza morale e materiale, l’obbligo di fedeltà o di coabitazione, l’obbligo alla contribuzione ai bisogni della famiglia), non sono disponibili e non possono essere personalizzati o modificati in base alla volontà dei coniugi. Ad esempio, sono considerati nulli quegli accordi che invadono la sfera della libertà personale dei coniugi, imponendo loro obblighi comportamentali (come quelle clausole che prevedono sanzioni in caso di tradimento), quelli che stabiliscono l’importo dell’assegno di mantenimento in caso di separazione o divorzio, l’affidamento dei figli o qualsiasi altra decisione sulla prole. Si vuole così tutelare la stabilità della famiglia, tutelando il coniuge più debole che, stipulando tali accordi, potrebbe accettare condizioni a lui sfavorevoli.

 

Gli unici accordi consentiti ai coniugi dal nostro ordinamento, prima o durante il matrimonio, sono quelli per la divisione dei beni acquistati durante il matrimoio, derogando al previsto regime di comunione in favore della separazione dei beni o di un regime personalizzato (ex art. 162 c.c.).

 

Tuttavia, negli ultimi anni, la Cassazione, pur ribadendo la nullità dei patti relativi a diritti inderogabili (aventi ad oggetto figli, assegno di mantenimento e obblighi di assistenza morale e materiale), con diverse pronunce, ha iniziato a riconoscere la validità di accordi stipulati tra le parti, prima o dopo il matrimonio, su questioni di natura prettamente patrimoniale.

 

Questo nuovo orientamento riconosce un’autonomia contrattuale molto maggiore ai coniugi, ritenendoli pienamente capaci di decidere il proprio futuro patrimoniale, anche in previsione della fine del loro rapporto, concordando, ad esempio: come tutelare il patrimonio di uno o di entrambi i coniugi da eventuali rivendicazioni future; come saranno divisi o impiegati i loro beni in comunione (auto, casa, arredamento); come regolare la divisione delle spese per la casa familiare di proprietà di uno solo dei coniugi.

 

Per legittimare questi accordi, rispetto al passato, superando ogni questione sulla loro validità, la Cassazione li ha equiparati a un contratto atipico (al di fuori di quelli previsti dalla legge) diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c. (allorchè siano vantaggiosi per entrambi i coniugi in quanto giusti ed equilibrati) e sottoposto ad una condizione sospensiva lecita (la fine del matrimonio). Quindi la separazione o il divorzio non sono più considerati la causa dell’accordo, ma solo un evento futuro e incerto (condizione) da cui dipende la sua efficacia.

 

Sugli stessi presupposti si basa la pronuncia della Cassazione qui in esame (ordinanza n. 20415 del 21 luglio 2025), relativa ad una scrittura privata, stipulata durante il matrimonio, con la quale, in caso di separazione, il marito si impegnava a restituire alla moglie il denaro da costei speso per contribuire alla ristrutturazione di una casa di proprietà esclusiva del marito (quindi, in caso di divorzio, sarebbe rimasta solo a lui), in cambio della rinuncia della moglie, in suo favore, a specifici beni mobili (un conto corrente, un motociclo, un’imbarcazione e arredo dell’appartamento).

 

La Cassazione ha ritenuto l’accordo valido, poiché non contrario a norme imperative ed equilibrato, grazie alle reciproche concessioni tra i coniugi che avevano determinato un giusto ed equilibrato riassetto patrimoniale.

 

Insomma, lo ha valutato come un legittimo contratto atipico, volto a realizzare interessi meritevoli di tutela, sospensivamente condizionato ad un evento futuro ed incerto (la fine del matrimonio), che non riguardava il diritto/dovere indisponibile di assistenza materiale e morale tra i coniugi ed era eonomicamente equilibrato.

 

Ma, il provvedimento, va anche oltre, consentendo, in sintonia con il recente orientamento giurisprudenziale, di regolare con gli accordi prematrimoniali (o matrimoniali), non solo questioni economico-patrimoniali, ma anche quelle personali della vita familiare, come l’affidamento dei figli e le modalità di visita, purchè non siano in contrasto con norme imperative e inderogabili.

 

Esiste, quindi, un limite insuperabile, per cui non possono mai venire compromessi aspetti come l’assegno di separazione o di divorzio o, soprattutto, l’interesse preminente dei figli. Su questi accordi, infatti, è sempre possibile un controllo di legittimità da parte del Giudice, che può intervenire per modificarli o invalidarli.

 

In conclusione, possiamo affermare che gli accordi prematrimoniali (stipulati prima o dopo il matrimonio), secondo il recente orientamento della Corte di Cassazione, da ultimo con la sentenza in esame, ad oggi, siano ammessi dal nostro ordinamento, pur nei limiti del rispetto dei diritti indisponibili, per cui è neessaria la massima attenzione al loro contenuto.

 

Viene, così, riconosciuta più autonomia ai coniugi nel decidere il proprio futuro in caso di separazione o divorzio, prevenendo aspre e dolorose battaglie legali, in sintonia con una visione più moderna del matrimonio, contraria alla tradizionale idea di famiglia come valore superiore e indisponibile rispetto agli interessi dei suoi singoli componenti.

San Salvo, 18 settembre 2025

 

Avv. Vincenzo de Crescenzo

 

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